La teoria degli alibi

Questo articolo è un po datato ma sempre di attualità, parla di quella che in psicologia viene detta teoria degli alibi, che è perfetta se rispecchiata nell’allenamento.
Non ho tempo… ho i bambini… lavoro tanto… eccetera

Queste sono solo alcune delle scuse più comuni

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quando si parla di allenamento ed alimentazione. Per quanto mi riguarda esiste solo il duro lavoro, che porta a risultati più o meno significativi, non importa quale condizione ambientale, lavorativa o familiare abbiamo, noi dobbiamo prendere atto di questa e lavorare al meglio per poter ottenere risultati. Non serve a niente dire : ah ma se non facessi i turni potrei… oppure: se la palestra chiudesse o aprisse prima…

Noi abbiamo la nostra vita, e dobbiamo adattarci ad essa, punto. Buon divertimento!

La teoria degli alibi – Julio Velasco

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Introduzione

Julio Velasco nasce a La Plata il 9 Febbraio 1952, è un allenatore di pallavolo e dirigente sportivo argentino con un curriculum notoriamente ricco di grandi successi e di vittorie; tra i vari motivi che hanno accompagnato questi buoni risultati è inclusa sicuramente la sua “battaglia” contro la ricerca di alibi, che andrà poi a prendere il nome di “teoria degli alibi”.

Definizione di alibi

La parola “alibi”, che in latino significa altrove, in diritto rappresenta argomento di difesa con il quale l’accusato prova la sua presenza fisica in luogo diverso da quello del reato nel momento in cui questo fu commesso, dichiarandone l’innocenza ; nel linguaggio comune indica una scusante, una giustificazione o un pretesto secondo la quale non si è riusciti a raggiungere degli obbiettivi prefissati o a compiere determinate azioni.

La nascita della teoria

La teoria degli alibi è maturata in vari anni di esperienze e Julio Velasco cita spesso vari episodi da cui lui poi ha preso spunto per formulare il suo teorema, mi limiterò qui a riportarne tre:

Esempio n°1 : il beach volley

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Spesso ad un giovane Velasco capitava di giocare a pallavolo in spiaggia durante l’estate, su dei campi da beach volley, il problema principale raccontato dal celebre allenatore era l’elevato numero di squadre con la voglia di giocare nonostante il campo fosse solo uno, in questo clima vigeva la famosa regola tipica dei giochi amatoriali del “chi vince resta”, ovvero tra le due squadre contendenti la vincente si guadagnava il diritto di giocare la partita successiva, quindi vincere era di notevole importanza. Velasco narra come i partecipanti alle partite provenivano generalmente da vari sport come calcio, basket o rugby, mentre nelle sue squadre capitava spesso che i vi fossero molti giocatori pallavolisti tesserati, e a causa di questo motivo si arrabbiava a detta sua “come una bestia” quando perdeva; ogni qual volta chiedeva spiegazioni ai propri compagni la risposta che si sentiva ricevere era: “ è colpa della sabbia, perché io sono abituato a giocare e saltare sul parquet, mentre sulla sabbia non riesco a saltare”; Velasco ironicamente racconta:” allora io dovevo prendermela con la sabbia, con lui no! Dovevo parlare alla sabbia e dire “ ma com’è che fai te? Sei la sabbia e fai la sabbia! Dovresti fare da parquet senò lui non può saltare poverino” , quindi tu che vieni a giocare nella sabbia hai due possibilità: o non giochi nella sabbia perché non sei capace, o ti adatti e salti sul sabbia che ovviamente non è come saltare sul parquet!”

Esempio n°2 : la veloce

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Quando per la prima volta fu introdotta dai giapponesi “la veloce” nella pallavolo, la quale mette in difficoltà il muro avversario per la sua imprevedibilità, il pensiero comune occidentale era uno in particolare, ovvero : “ roba da giapponesi”; si credeva infatti che la veloce fosse uno schema di possibile realizzazione solo dai giocatori nipponici, perché ( a detta comune ) un occidentale al terzo salto a vuoto avrebbe mandato “ a quel paese “ i compagni. Oggi invece la veloce è un’azione offensiva eseguita senza problemi anche in delle squadre under 14.

Esempio n°3 : catena schiacciatore – alzatore – ricevitore

Il più classico degli esempi di Velasco riguarda la catena schiacciatore – alzatore – ricevitore: gli schiacciatori schiacciano verso il campo avversario a volte bene, a volte invece non bene mandando la palla fuori, in quest’ultimo caso essi si girano verso l’alzatore indicando la traiettoria ottimale desiderata per l’alzata, sottolineando come invece non sia stata corretta; l’alzatore a sua volta si gira verso il compagno che ha ricevuto la palla ammonendo “ ragazzi, la ricezione!” in quanto secondo lui non è riuscito a compiere un azione perfetta a causa della cattiva parabola creata dal ricevitore, questo povero giocatore non avendo nessun compagno a cui scaricare la colpa allora incomincia a trovare altre scuse :” e ma c’è quella luce lì che mi viene nell’occhio e non riesco ad alzare!”. Morale : dovevamo chiamare l’elettricista per vincere la partita, non allenarci nel modo corretto!

La teoria degli alibi

In definitiva, non accettare scusanti al di fuori di noi stessi nel momento in cui non si
riescono a compiere delle azioni o a raggiungere gli obbiettivi, quindi non accettare nessun alibi proveniente dall’esterno; ciò non significa che basta la buona volontà per poter fare qualsiasi cosa, ma bisogna cercare di compiere un osservazione critica e costruttiva al nostro errore per poter migliorare, la persona è brava nel momento in cui davanti a un problema si adatta e cerca di risolverlo, citando sempre Velasco : “ Io voglio schiacciatori che parlano dell’alzata, ma la RISOLVONO ”

Mentalità vincente

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Da collegarsi alla teoria dell’alibi è anche il concetto di mentalità vincente, infatti non accettando nessun alibi arriviamo ad un miglioramento più marcato delle nostre possibilità, e progrediamo cercando sempre di superare i nostri limiti, creando così una mentalità che può essere trionfante non solamente nel mondo dello sport ma nella vita; questo concetto è fondamentale anche nella psicologia del lavoro, non a caso lo stesso Velasco è stato lui in primis un allenatore che ha vinto molto, ma nonostante ciò il suo consiglio è di diffidare da chi cerca di dividere il mondo in due categorie: ossia i vincenti ed i perdenti, perché la vita è fatta di alternanze tra sconfitte e vincite (7) , quindi bisogna saper vincere ma nello stesso tempo saper perdere.

Riflessioni

Di tutto ciò che è stato scritto la riflessione più importante da fare secondo il mio modesto parere non va ad aggiungere dei contenuti alla teoria degli alibi in sé o al concetto brevemente esposto di mentalità vincente, semmai si sofferma sul fatto che in psicologia tutto è collegato, in una sola teoria infatti si vanno a miscelare molti degli argomenti trattati a lezioni, partendo dalla teoria degli alibi ci si collega alla mentalità vincente, strettamente relazionata alla psicologia del lavoro le cui entrambe portano ad un collegamento alla teoria del flow.

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